martedì 26 aprile 2011

Ragazzo prigioniero d'una scalinata

Ha aspettato per oltre venti anni, tra promesse mancate e progetti rimasti solo sulla carta, che il Comune intervenisse affinché fosse sistemata quella scalinata che da sempre tiene «prigioniero in casa propria» il figlio, costretto a vivere sulla sedia a rotelle ed impossibilitato ad uscire di casa se non con l'ausilio di volontari. Ormai esasperato Carlo Pieretti, padre di Michele, giovane di 28 anni affetto da tetraparesi spastica, si rivolge alla Procura della Repubblica perché al proprio figlio vengano garantiti tutela e diritti. Lo fa con un esposto, presentato attraverso il legale di fiducia Cesare Bruzzi Alieti, dopo che il Comune della Spezia in tutti questi anni sostiene non ha mai effettuato i necessari interventi per eliminare le barriere architettoniche lungo la scalinata che separa l'abitazione (situata a Fabiano Alto) dalla strada. «In questi anni si legge nell'esposto scritto da Carlo Pieretti io e mia moglie abbiamo più volte richiesto espressamente al Comune di porre rimedio a questa situazione, chiedendo di allargare di poco la scalinata pubblica al fine di permettere ad un veicolo di poter arrivare fino a casa e prendere il ragazzo, ma nessuno ha mai affrontato il problema, lasciando mio figlio in questa tristissima situazione. Non posso più permettere che mio figlio continui a vivere isolato dal resto del mondo, sono stati posti scivoli e pedane d'accesso in luoghi molto più importanti dal punto di vista architettonico e culturale rispetto a quella scalinata rincara Pieretti e non è possibile che si lasci un ragazzo chiuso in casa senza concedergli la possibilità di vivere in maniera quanto più normale possibile. Tale situazione umilia un giovane già di per sé sfortunato, che si vede negare ogni minimo aiuto dagli Enti che dovrebbero invece tutelarlo».
di Matteo Marcello (La Nazione del 7 aprile 2011)

Non c'è limite alla vergogna


Succede a Bari, protagonista Isabel, una ragazza mauriziana di 21 anni. La storia è raccontata dal Corriere della sera, e la dice lunga su quanto il Palazzo sia lontano anni luce dai bisogni veri della gente. Quello che è capitato a quella povera ragazza è presto detto: prima un'improvvisa malattia le ha fatto perdere parte delle mani e dei piedi; poi per un cavillo la burocrazia le ha tolto l’assegno di assistenza perché "troppo malata".
"Erano poche centinaia di euro - spiega il Corriere - che, però, avrebbero consentito a Isabel di aiutare economicamente la famiglia la quale, per garantirle le cure, ha speso i risparmi di una vita e ha dovuto subire anche uno sfratto". Isabel era giunta nel 2006 a Bari dove già vivevano i genitori, immigrati in Italia da qualche anno in cerca di fortuna. Una famiglia inserita nella comunità barese, con il capofamiglia operaio della Toyota e la mamma casalinga, gente perbene. Giunta da poco in Italia, Isabel comincia ad avvertire i primi sintomi di una terribile malattia. Si chiama vasculite necrotizzante e costringe la ragazza a un ricovero in rianimazione, dove entra in coma e ci rimane per più di un mese.
Tornata alla vita, Isabel viene a sapere che il male le ha già prodotto danni irreversibili agli arti inferiori e superiori. Per lei e per i suoi genitori inizia un altro calvario, alla ricerca delle cure in grado quanto meno di fermare la malattia. Ma i medici non possono nascondere la verità: non c’è nulla da fare. Per salvarle la vita le amputano le falangette delle mani e dei piedi. Cure costosissime, che richiedono enormi sacrifici ai genitori (da qui lo sfratto dalla casa in cui abitano), i quali però non si arrendono. Lentamente Isabel si riprende, forse il peggio è passato, forse riesce a vivere. E per dare una mano ai suoi chiede all'Asl il riconoscimento della sua invalidità. Il caso è solare, e la commissione medica le riconosce un'invalidità del 100 per cento con diritto all'assegno di assistenza: 470 euro al mese. Quasi quanto prende un parlamentare...
470 euro, almeno quelli! E invece no. Perché Isabel, come riferisce il Comune all'Inps, non è in possesso di carta di soggiorno o permesso di soggiorno «Ce» per soggiornanti di lungo periodo; è insomma in Italia da troppo poco tempo perché una legge approvata anni fa stabilisce che per avere diritto a quei soldi occorra stare qui da almeno cinque anni.
Ma c'è di più (e di peggio): nel 2010 la Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità di tale norma nella parte in cui subordina la sussistenza del requisito dei 5 anni di soggiorno alla erogazione dell’assegno mensile di assistenza. E fin qui tutto bene, si direbbe. E invece no, perché è venuto fuori che per avere diritto all'assegno il cittadino straniero debba avere una invalidità che determini una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 74 e il 99%. A questo punto lo sconcerto è totale: Isabel è infatti risultata invalida al 100 per cento, e quindi per lo Stato italiano è troppo invalida per avere diritto all’assistenza.
Ma non c'è nessuno, fra chi in un modo o nell'altro governa questo Paese, che riesca a provare almeno una volta un po' di vergogna?


martedì 19 aprile 2011

A volte ritornano. E ci riprovano

Da un già autorevole direttore di giornali, ma soprattutto da un senatore della repubblica, mi sarei aspettato un’analisi ben più profonda del problema della disabilità.
Il senatore Giuliano Cazzola (“La voragine degli invalidi”, La Nazione del 19 aprile) riduce tutto a una questione di reddito familiare. Riferendosi all’indennità di accompagnamento lascia intendere infatti che per lui non dovrebbe contare la condizione della famiglia disabile (perché occorre prendere finalmente atto che una famiglia con un disabile nel suo seno è a sua volta una famiglia disabile), ma solo il suo reddito.
Il senatore lancia insomma un messaggio devastante, un’idea che peraltro da parecchio ronza in testa ad esponenti del centrodestra che ogni tanto la rispolverano sotto forma di emendamenti vari: se la famiglia del disabile è benestante, il disabile non deve avere diritto all’indennità. A costoro non interessa, o magari non ci pensano, mettiamola così, che nella quasi totalità dei casi quei 460 euro mensili costituiscono l’unica entrata che consenta a un disabile grave o gravissimo, però in grado di capire  la sua realtà, di sentirsi almeno un po’ indipendente dalla famiglia sotto il profilo economico. No, a loro interessa soltanto “la voragine degli invalidi”.
Ma perché non  prova il senatore Cazzola a chiedere quanti padri o quante madri, siano o no benestanti, ogni anno uccidono i propri cari disabili, e si tolgono a loro volta la vita, non per una questione di soldi, bensì perché “non ce la fanno fa più”? Perché sono del tutto ignorati dallo Stato e dalla politica?
Vada a rileggersi, il senatore Cazzola, i programmi elettorali presentati da centrodestra e centrosinistra negli ultimi vent’anni: si accorgerà che il tema della disabilità è liquidato in tre o quattro righe di belle parole, con il copia e incolla.
Un senatore poi dovrebbe sempre dire la verità. Dovrebbe per esempio confessare che fino a quando l’accertamento dei requisiti per la concessione dell’indennità di accompagnamento  era demandato allo Stato (magari mediante commissioni mediche militari) i beneficiati erano cento, mentre  da quando nel 2003 quel compito è stato demandato alle Regioni (cioè ai partiti) essi sono diventati mille. Non sente in tutto questo, caro senatore, un gran tanfo di sistema clientelare, di voti discambio, di sporche corrutele politiche?
Un caso emblematico si è verificato proprio ieri. Tutti i giornali hanno dato notizia dell’arresto di un cieco totale che guidava benissimo l’auto, ma nulla si è detto sui medici che ne hanno certificato la cecità assoluta. Come mai?
Bisogna rassegnarsi, le cose nel nostro allegro Paese vanno così, e credo che al senatore Cazzola non sia sfuggito lo scherzetto combinatogli proprio dal giornale del quale è stato direttore: accanto al suo commento (“La voragine degli invalidi”) campeggiava infatti un titolo a tutta pagina: “Parmalat, assolte le banche”; e, sotto, la foto degli avvocati degli “assolti” che se la ridevano a crepapelle.  Loro sì che di voragini se ne intendono. E se la ridono!

sabato 16 aprile 2011

A rischio le vacanze dei ragazzi

Lettera pubblicata da Cittadellaspezia.it 


"Quest’anno l’assessorato al welfare ha deciso di affidare a un privato l’organizzazione dei soggiorni estivi al mare o in montagna per i ragazzi disabili, con il risultato che con tutta probabilità le vacanze non si faranno. Nel piano presentato, infatti, viene dimezzata la durata dei soggiorni (da due settimane a una), e anche quella del numero degli accompagnatori (stiamo parlando di disabili molto gravi, non pochi in carrozzella, che hanno bisogno di essere assistititi in tutto). Inoltre viene raddoppiato il costo a carico delle famiglie, e sono proposte soluzioni logistiche inaccettabili.
Come genitori abbiamo respinto con forza il piano e siamo rimasti molto delusi dal trattamento ricevuto da parte del Comune, a maggior ragione dopo tanti anni di collaborazione. Contrariamente agli altri anni, quando ci vedevamo per tempo per concordare insieme l’organizzazione delle vacanze, stavolta ci hanno tenuti all’oscuro di tutto convocandoci solo per presentarci il loro bel pacchettino già confezionato. Piuttosto ci teniamo a casa i nostri figli però poi loro evitino di fare tanti bei discorsi sulla disabilità. Tutti quanti, medici, psicologi, operatori, assessori, ecc. hanno sempre sostenuto che le vacanze erano fondamentali per il benessere di questi ragazzi, i quali per quindici giorni all’anno potevano finalmente vivere una vita quasi normale, lontani dalle loro troppo protettive famiglie, e divertirsi in compagnia dei loro amici, e adesso ci fanno questo bello scherzo. E non vengano a raccontarci che è una questione di soldi perché per tante altre cose i soldi quando vogliono li trovano. Né ci dicano, come ci hanno detto, che intendono dare un servizio, tipo i centri estivi, a chi servizi non ha, come i ragazzi disabili che restano a casa una volta chiuse le scuole. Non è vero, perché un centro estivo che ospita numerosi ragazzi disabili funziona già da decenni sulla collina di Gaggiola. Siamo tutti capaci di levare da una parte per mettere dall’altra, ma occorre vedere cosa succede, quali conseguenze provochi, quando togli di qua per mettere di là. Stando così le cose, per la prima volta, potremmo decidere di tenere a casa tutti i nostri figli".

sabato 2 aprile 2011

Paolo, un nuovo angelo

Paolo, dolcissimo ragazzo, ci ha lasciati. Se n'è andato nel sonno, silenzioso, quasi temesse di disturbare. Ora c'è un nuovo angelo in Paradiso