domenica 8 gennaio 2012

Una linea del Piave


Sulla Nazione del 4 gennaio, in risposta a un lettore che paventava il rischio della cancellazione, da parte del governo, di un diritto acquisito qual è l’indennità di accompagnamento per i disabili gravi, il direttore Mauro Tedeschini ha scritto: “Concludo ribadendo che, per quanto grave sia la crisi, il mantenimento degli aiuti ai portatori di disabilità gravi è una linea del Piave da difendere con le unghie e con i denti. Questo è un Paese con mille difetti, ma sa anche essere tanto, tanto solidale. Se vuole”.
Una posizione che mi fa molto piacere, considerando il fatto che il 19 aprile scorso proprio sulla Nazione sotto il titolo “La voragine degli invalidi”, il senatore Pdl Giuliano Cazzola, già autorevole esponente del gruppo di direttori della Poligrafici Editoriale, società che edita La Nazione stessa, riferendosi all’indennità di accompagnamento diceva che a suo avviso per la concessione dell’indennità non dovrebbe valere la condizione del disabile, ma solo il suo reddito. Un’opinione che anticipava l’emanazione da parte del governo Berlusconi della delega per la riforma fiscale e assistenziale (ddl 4566) la quale guarda caso prevede di fatto la cancellazione di quell’indennità. È dunque motivo di consolazione sapere che il direttore della Nazione non la pensa come il suo ex collega Cazzola e che sarà dalla parte dei disabili in questa battaglia di civiltà. 

mercoledì 4 gennaio 2012

Disabili, ecco la verità sui costi


Dal giornale Vita:
Ancora un dato per dimostrare come la battaglia culturale che da qualche anno va additando le persone con disabilità come i responsabili di elevatissimi e ingiustificati costi sociali sia essenzialmente una montatura mediatica. La sorpresa è nella Relazione finale del gruppo di lavoro sull’erosione fiscale pubblicata sul sito del Ministero del Tesoro, dove si dimostra che le tanto criticate agevolazioni fiscali di cui godono i disabili causano allo Stato un mancato introito pari a 232,32 milioni di euro.
A tanto ammontano le agevolazioni collegate alla voce 32, Detrazione per spese relative a mezzi necessari all'accompagnamento e a facilitare l'autosufficienza dei soggetti disabili; detrazione per spese relative a cani guida per non vedenti; detrazione per servizi di interpretariato: 68,52 mln di euro, pari a 1.070,6 euro pro capite. A queste si aggiungono i 132,30 milioni delle deduzione delle spese mediche e di quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione (n. 30)  e le detrazione per addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana (voce 36) con  31,2 milioni di euro e i 300mila euro per il mantenimento dei cani guida.
C’è poi – ma il dato non è scorporato – la voce 52, cioè l’esenzione dall'IRPEF delle indennità di accompagnamento e delle pesioni percepite dai ciechi civili ai sensi della legge, che però stanno tutte insieme alle pensioni di guerra di ogni tipo, delle relative indennità accessorie, agli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, delle pensioni connesse alle decorazioni dell'ordine militare d'Italia, nonché delle pensioni privilegiate ordinarie corrisposte ai militari di leva e delle pensioni tabellari spettanti per menomazioni subite durante il servizio di leva obbligatorio: tutto insieme fa un mancato introito per lo Stato di 544,50 milioni di euro. 
Per fare un paragone, le detrazioni per le spese relative a premi assicurativi per morte, invalidità permanente, non autosufficienza valgono 828 milioni di euro: ma quelle nessuno le contesta.

Disabili, svelata la sporca manovra


Illuminante articolo del Sole 24 ore del 3 gennaio 2012. Là dove si dimostra che per meri fini di vil moneta si è cercato di addossare ai cittadini italiani disabili larga parte della responsabilità per il dissesto dei conti pubblici. Questo articolo di Cristiano Gori – al quale va il nostro sentito ringraziamento – ripristina finalmente la verità dei fatti.
Inattese novità nella lotta ai falsi invalidi. I dati raccolti nei controlli dell'Inps mostrano che riceve prestazioni d'invalidità civile senza averne diritto circa il 4% dei beneficiari. Sono frodi da combattere, ma si tratta di una percentuale di utenza inappropriata limitata e inferiore a quella di tanti altri settori.
Ad esempio, in sanità ben più del 4% dei pazienti subisce operazioni non necessarie e pure superiore è la percentuale di famiglie di evasori fiscali esenti dalla retta degli asili poiché figurano a basso reddito. Perché quella contro i falsi invalidi è diventata la principale battaglia per la moralizzazione del welfare italiano?
L'equivoco del 2010 
Nei primi mesi dello scorso anno l'Inps rese noti i dati sulla forte crescita della spesa pubblica per l'invalidità civile, da quasi 11 miliardi di euro nel 2002 a 17 miliardi nel 2010. In un'Italia stretta tra problemi reali e ricerca di capri espiatori, iniziarono inchieste giornalistiche e dichiarazioni di politici sullo scandalo dei falsi invalidi. Alcuni ministri di allora, in particolare Sacconi e Tremonti, attribuirono la maggiore spesa a un unico motivo: il comportamento di numerosi approfittatori - i falsi invalidi - che riceverebbero le prestazioni senza averne diritto. Questa divenne la spiegazione dominante.
La maggior parte dei media la fece propria e le inchieste aumentarono. Il falso invalido venne raffigurato come un adulto che finge una condizione di disabilità e - anche se l'espansione della spesa è dovuta, principalmente, all'invecchiamento della popolazione - la terza età non fu associata agli abusi. Così prese forma l'assunto alla base della vicenda: "crescita della spesa = adulti che si fingono disabili = un problema di frodi".

Le badanti degli ultra80enni 
L'incremento della spesa per l'invalidità si suddivide tra 681 milioni di euro per le pensioni e 5.487 milioni per l'indennità di accompagnamento. A trainarlo è stata l'impennata dell'utenza anziana dell'indennità: le persone con almeno 65 anni che la ricevono sono passate dal 6% del totale (2002) al 9,5% (2009). Inoltre, oggi tre beneficiari dell'accompagnamento su quattro sono anziani e la metà ha almeno 80 anni.
Lo scorso decennio ha visto in Italia l'impetuosa diffusione delle badanti. Davanti alle sempre più pressanti esigenze di assistenza agli anziani e alla scarsità di servizi pubblici, a loro si sono rivolte tante famiglie. Queste ultime hanno cercato un contributo economico pubblico che potesse aiutarle a remunerare le badanti e l'hanno trovato nell'indennità, senza la quale per molte famiglie sarebbe stato difficile - o impossibile - pagarle. L'invecchiamento della popolazione e l'espansione delle badanti costituiscono le principali cause del boom della spesa per l'invalidità civile ma tali fenomeni non sono stati presi in considerazione dai decisori.
A motivare l'aumento della spesa sono anche alcune peculiarità dell'indennità di accompagnamento. L'accertamento dei requisiti per riceverla si basa su criteri generici e non standardizzati; l'Italia è l'unico Paese europeo dove lo Stato eroga questa prestazione senza definire con precisione chi ne abbia diritto e a quali condizioni. Il margine di discrezionalità esistente nell'assegnarla ha consentito di allargarne l'utenza nel rispetto delle regole formali. I dati mostrano che in alcune aree il ricorso alla misura è superiore al necessario ma, sovente, la genericità dei criteri di accesso rende impossibile per lo Stato provare che una persona la riceva impropriamente. Da tempo, sono sul tappeto proposte per introdurre strumenti di accertamento delle condizioni di chi la richiede.
Inoltre, l'accompagnamento è diffuso nel Mezzogiorno, in parte a causa di tassi di disabilità superiori alla media nazionale (la diffusione di questa condizione è sempre inversamente legata al livello di sviluppo economico e d'istruzione) e in parte perché utilizzato impropriamente, quale sostegno economico a famiglie in difficoltà. Anche qui esistono proposte per responsabilizzare le Regioni meridionali nella concessione dell'indennità.
Per via di queste, e altre criticità l'accompagnamento non sostiene adeguatamente chi ne ha bisogno e può essere ricevuto da alcuni che non ne avrebbero necessità. Ma il precedente Esecutivo non se ne è interessato e - fedele alla teoria che l'unica ragione della maggior spesa sono gli abusi - si è dedicato solo agli 800mila controlli da compiere nel periodo 2009-2012. Non si è neppure occupato di migliorare il welfare pubblico rivolto a chi vive questa condizione, dove robusti tagli ai già esili servizi hanno affiancato l'assenza di qualsiasi progettualità. Eppure il welfare presenta - lo dicono tutti gli studi - notevoli lacune e una capacità di risposta ai bisogni delle persone interessate, perlopiù, bassa.
La costruzione del falso invalido 
L'assunto "crescita della spesa per l'invalidità = adulti che si fingono disabili = un problema di frodi" è errato ma rimane dominante nell'opinione pubblica. Perché? Un motivo riguarda la comunicazione politica. Sino all'estate, Tremonti, Sacconi e alcuni loro colleghi di Governo hanno utilizzato la propria visibilità per riproporre la loro posizione. Numerosi altri esponenti del mondo politico e istituzionale, come il presidente dell'Inps Antonio Mastropasqua e i capigruppo alla Camera di Lega, Marco Reguzzoni, e Idv, Massimo Donadi, sono ripetutamente intervenuti a sostegno di questa versione dei fatti. In settembre sono stati resi noti i dati ufficiali che certificano il fallimento della lotta ai falsi invalidi ma su questi le stesse personalità non hanno ritenuto di dover fornire spiegazioni.
Nel frattempo la massiccia copertura mediatica della disabilità focalizzata solo sulle frodi, con immagini di sicuro impatto come il cieco che guida e l'invalido che gioca a pallone (casi gravi ma rientranti nel 4% individuato dai controlli) ha prodotto una percezione distorta della realtà nell'opinione pubblica, diffondendo l'impressione di un dilagare degli abusi.
Per chi sostiene una posizione differente l'accesso ai media rimane proibitivo. Le associazioni delle persone con disabilità, in particolare, hanno mostrato quale sia la verità sui controlli ma la loro voce è rimasta confinata tra gli addetti ai lavori senza trovare eco sui mezzi di comunicazione generalisti.
Inverno 2011-2012: il danno è fatto 
La lotta ai falsi invalidi non lascerà risultati degni di nota in termini concreti bensì sul piano culturale. Se è vero che nell'ultimo biennio politica e mezzi di comunicazione si sono occupati di disabilità come mai prima, le conseguenze di una così intensa - ma, purtroppo, distorta - attenzione rimarranno nel tempo. Sebbene la crescita della spesa per invalidità sia dovuta, principalmente, all'invecchiamento il falso invalido è stato rappresentato come un disabile adulto, forse perché denigrare gli anziani viene ritenuto politicamente più sconveniente. Il mondo della disabilità è stato dipinto come poco chiaro e contraddistinto da abusi, trasmettendo l'idea che il suo problema non siano le mancanze del welfare - di cui non si parla, come se non esistessero - ma solo le irregolarità. Nel complesso, si è costruito un muro di sospetto e diffidenza verso tutto ciò che riguarda tale condizione.
La società italiana mostra, da sempre, un'attenzione verso i diritti delle persone disabili minore del resto d'Europa. Lo stigma creato nell'ultimo biennio ha fatto compiere al nostro Paese ulteriori passi indietro: oggi per queste persone - e per le loro famiglie - veder riconosciuti i propri diritti e aspirare a un welfare più adeguato è divenuto ancora più difficile. Ecco l'unico, vero, risultato della lotta ai falsi invalidi: ridurre le aspettative di una vita migliore per le persone con disabilità.