lunedì 25 marzo 2013

Disabili ancora sotto attacco

Dal sito disabili.com:

La questione sui limiti reddituali da applicare per la  pensione agli invalidi civili  è stata al centro di un dibattito che torna a infuocarsi. L'occasione è la nuova Sentenza (la numero 7320 del 22 marzo 2013, Sezione lavoro) che la Corte di Cassazioneha emesso a questo proposito, ribadendo come, per quanto riguarda l'invalido totale, il reddito a cui fare riferimento non è solo quello individuale, ma deve essere sommato a quello del coniuge, in caso di persona coniugata.


NON HA VALORE DI LEGGE - Vale la pena sottolineare che questa sentenza riguarda solo il caso di specie(il ricorso di una donna romana), quindi NON HA VALORE DI LEGGE né si tratta di disposizione amministrativa che interessi la totalità degli invalidi che percepiscano pensioni o assegni di invalidità. Premesso ciò, la sentenza non depone favorevolmente sulla questione dei redditi da considerarsi per l'erogazione delle provvigioni, considerando che l'argomento necessita comunque di una ridefinizione. 

LA CIRCOLARE INPS N.149/2012 - I timori erano nati con la Circolare INPS n.149/2012 che annunciava come per i soli invalidi civili al 100% titolari di pensione di invalidità, dal 2013 nel calcolo del reddito si sarebbe introdotto anche quello del coniuge. Questo significa che un invalido totale avrebbe perso il diritto alla pensione  (275,87 euro al mese), qualora il reddito suo più quello della moglie o del marito avesse superato i 16.127,30 euro. 
La decisione dell'Inps aveva immediatamente fatto  scattare una dura reazione sia dalle parti sindacali che associazionistiche, anche in considerazione del fatto che la decisione si basava non su un dettato di legge, ma su una Sentenza della Corte di Cassazione (la numero 4677).

IL RITIRO DELLA CIRCOLARE - Un paio di settimane dopo la sua introduzione, è seguito quindi il ritiro della Circolare  da parte dell'Inps, che con una successiva circolare affermava: In attesa della preannunziata nota ministeriale a chiarimento della complessa materia dei limiti reddituali delle pensioni di inabilità civile ed in considerazione di una interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 12 e 13 della legge n. 118/1971, si ritiene di non modificare l'orientamento amministrativo assunto a suo tempo dal Ministero dell'Interno (circ. Ministero dell'Interno n. 5 del 20.6.1980) e successivamente confermato nel tempo da questo Istituto all'atto del subentro nella funzione di erogazione delle provvidenze economiche per le minorazioni civili.
Pertanto, sia nella liquidazione dell'assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell'invalido.

POSSIBILI SCENARI - Ora, la nuova sentenza della Corte di Cassazione ribadisce quanto affermato proprio in quella precedente, la n. 4677 del 25 febbraio 2011, che era stata la base della circolare Inps. Su quello che potrebbe accadere ora, fa una analisi il sito Handylex il quale, premettendo appunto il carattere NON NORMATIVO di questa sentenza, che, lo ricordiamo, ha valore solo per il caso specifico,   vede come "plausibile l'ipotesi di applicazione dell'ISEE anziché del mero reddito imponibile IRPEF come attualmente previsto. Ma va anche detto che una siffatta ipotesi avrebbe necessità di un "passaggio" alle Camere". La strada politica e legislativa attraverso il Paralmento è comunque quella chiaramente auspicata. Su questo Handylex: "In tal senso ricordiamo che, nella precedente legislatura, era stata depositata una specifica Proposta di Legge (Atti della Camera, 4231, prima firmataria Onorevole Miotto) con l'intento di sanare definitivamente l'intera questione, fornendo l'interpretazione autentica della norma originaria (in verità piuttosto farraginosa). La Proposta, assegnata nel 2011 alla XII Commissione Affari Sociali, purtroppo, non è mai stata calendarizzata né, quindi, posta in discussione".

LA REAZIONE DEI SINDACATI - Sulla sentenza si registrano anche le prime reazioni sindacali. Così Nina Daita, responsabile dell'Ufficio Politiche per la disabilità della CGIL Nazionale: "Una sentenza, che sia detto nel massimo rispetto dell'Alta corte, non condividiamo assolutamenteE' il Parlamento adesso che deve fare chiarezza, determinando una vera giustizia sociale nei confronti dei più poveri e dei più deboli, come lo sono gli invalidi".  La dirigente sindacale ricorda come "la sentenza di oggi non fa legge e, in ogni caso, occorre che il Parlamento faccia presto chiarezza perché l'invalidità in quanto tale è un fattore individuale e non certo familiare". Per Daita"pensare di colpire così i più deboli non può appartenere a uno stato che pretenda di essere equo e governato dal semplice buon senso".

"Il reddito da conteggiare", sottolinea ancora la sindacalista, "deve essere quello individuale perché l'invalidità stessa è individuale. Prendendo come riferimento invece il reddito familiare non si fa altro che colpire la parte più debole e indifesa del Paese, introducendo per paradosso gravi discriminazione tra gli stessi invalidi. Basta pensare che due persone con una stessa invalidità possono o meno percepire l'assegno se siano sposati o meno. Un fatto inconcepibile. L'assegno deve legato all'invalidità e anche ad un reddito ma quest'ultimo di certo non può essere un discrimine". La CGIL in ogni caso, conclude Daita, "si farà garante e lotterà con tutte le sue forze contro questa sentenza che riduce i diritti di cittadinanza".PER LA FISH E' UN "PASTICCIO" - “Riteniamo che questo ‘pasticcio’ debba essere sanato politicamente dalle Camere, che il Parlamento debba riappropriarsi della propria funzione legislativa, intervenendo sulla delicata materia e pronunciando quella che è l’interpretazione esatta di una normativa farraginosa.” Questo il richiamo diPietro Barbieri, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, che approfitta per ricordare che nella precedente legislatura era stata depositata una precisa Proposta di Legge (Atti della Camera, 4231) che però non è mai giunta alla discussione.
“Ci appelliamo a tutti i Parlamentari affinché quella Proposta non solo venga ripresentata, ma che sia anche calendarizzata al più presto, discussa e approvata. Il rischio che, in forza di una decisione assunta nelle aule di tribunale, migliaia di persone rimangano prive di protezione (già minima) è elevatissimo.”