mercoledì 28 dicembre 2011

Emilia, un mito nella polvere


E dire che Bologna e l'Emilia Romagna erano un tempo indicate come modelli di una società civile e solidale.

Da Superando:
Sembra proprio che le Istituzioni dell'Emilia Romagna e di Bologna non abbiano compreso per nulla l'importanza del flash mob di protesta promosso alla fine di ottobre dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie e che su tanta partecipazione ha potuto contare! [del flash mob si legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.]Recentemente, infatti, la Regione ha inviato alle associazioni per la tutela delle persone con disabilità e alla Consulta per il Superamento dell'Handicap la nuova bozza di delibera, riguardante la compartecipazione degli utenti al costo dei servizi socio-riabilitativi e in essa si ritrova l'ingiusta applicazione dell'articolo 49 della legge regionale attuata nel dicembre 2009 a danno delle persone con disabilità [il riferimento è alla Legge Regionale dell'Emilia Romagna 24/09, "Art. 49. Modifiche alla legge regionale n. 2 del 2003 e norme su altri servizi con concorso economico regionale", N.d.R.].
Nonostante dunque siano stati impiegati tempo, dibattiti, riunioni e proteste pubbliche per arrivare a una soluzione di equità contributiva delle persone disabili per i servizi di assistenza, i responsabili politici e i loro funzionari non sentono il dovere di rispettare un diritto sancito da una legge nazionale ordinaria [Decreto Legislativo 130/00, N.d.R.] e dalla stessa Costituzione.
Per questo Gabriella D'Abbiero, presidente dell'ANFFAS di Bologna (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o relazionale), ha scritto una lettera aperta al Presidente della Regione, agli Assessori Regionali alla Sanità e al Sociale e a tutti i membri del Consiglio Comunale di Bologna, per protestare contro questa ingiusta «proposta della Regione di un aumento dell'esborso economico molto maggiore rispetto al passato, addossato alla famiglia senza riconoscere i gravosi impegni personali di assistenza e cura di un figlio con disabilità grave e quelli economici che una famiglia deve sostenere nell'arco della vita intera. Dunque non solo il mancato rispetto di una legge dello Stato [il citato Decreto Legislativo 130/00, N.d.R.] e la prevaricazione, in nome di cavilli legali smentiti dalla nostra stessa Costituzione, ma anche la beffa di un aumento vergognoso della contribuzione, speculando su una pensione di invalidità di 256 euro al mese e di un'indennità di accompagnamento che Sentenze del Consiglio di Stato dichiarano intoccabili, in quanto necessarie all'assistenza quotidiana della persona disabile grave».

D'Abbiero si chiede poi se siano queste la giustizia e l'equità sociale tanto sbandierate dai politici in questione, visto il risultato, «dopo anni e anni nei quali l'ANFFAS di Bologna ha tentato attraverso incontri e confronti di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto, nei riguardi della compartecipazione ai servizi, di sostenere e tutelare i diritti della persona con disabilità e della famiglia, come sancito dal Decreto Legislativo 130/00, dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità [dal 2009 Legge dello Stato 18/09, N.d.R.]».
In particolare quello che rivendica l'ANFFAS di Bologna nel suo messaggio è «la differenziazione fra la persona con disabilità grave e l'anziano che diventa non autosufficiente: la persona con disabilità, infatti, è a totale carico della famiglia e incapace di produrre reddito dalla nascita fino alla morte. La necessità, inoltre, di fare riferimento, per la frequenza ai centri diurni, al reddito del solo utente, escluse la pensione di invalidità e l'indennità di accompagnamento: con quali mezzi economici può vivere infatti una persona disabile che ha bisogni oltremodo maggiori rispetto a una persona normale e che necessita di assistenza continua? Se non vi è reddito, non si può richiedere alcuna contribuzione. Fermo restando, infine, il riferimento al reddito individuale, per quanto concerne l'inserimento nelle strutture residenziali, l'indennità di accompagnamento (vista la finalità della stessa) "accompagna" appunto l'utente, mentre la pensione deve restare nella sua disponibilità per le necessità personali. Inoltre, l'eventuale compartecipazione deve riguardare il pasto e il trasporto e non il costo del servizio che, come sancito dai Lea [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.], spetta all'Ente Pubblico».

Alla luce pertanto delle considerazioni espresse dall'ANFFAS di Bologna e sostenute da tutta la Consulta per il Superamento dell'Handicap, la domanda sorge spontanea: potranno ancora le nostre Istituzioni procedere, calpestando i diritti di centinaia di Cittadini bolognesi?

martedì 11 ottobre 2011

Omicidi colposi ovvero le morti bianche del welfare


di Carlo Giacobini
Direttore editoriale di Superando.it.

Sono tante le tragedie di questi anni, con madri, padri e figli resisi protagonisti di terribili gesti estremi. Ma è fin troppo semplicistico e banale liquidare queste vicende come il frutto delle singole disperazioni o di personali drammi umani: queste morti, infatti, e tutte quelle che purtroppo ancora verranno, hanno dei responsabili con nomi e cognomi, i nomi di chi ha ridotto il welfare a un colabrodo, di chi ne ha sottratto le risorse, lambiccando riflessioni astruse sui livelli di governo, sulle armonizzazioni, sulle ottimizzazioni, senza però mai garantire livelli essenziali di assistenza e diritti. I nomi di chi, anzi, ha continuamente tagliato risorse, rosicchiato fondi ed eliminato contributi, considerando l'assistenza come uno "spreco" che castra la competitività.

Reggio Calabria, 22 giugno 2008: ha preso il fucile che deteneva legalmente e ha sparato due colpi da breve distanza alla testa del figlio, con problemi psichici. Il figlio è morto all'istante.
Roma, 13 luglio 2003: uccide il figlio disabile mentre dorme. Due colpi di revolver calibro 38 al torace, mentre dormiva, nel sonno. Per non farlo soffrire troppo. E per chiudere un calvario che durava da troppo tempo.
Teramo, 19 marzo 2009: uccide il figlio disabile con una fucilata. Ha ucciso con un colpo di fucile in pieno petto, il figlio Giuseppe, 37 anni, invalido psichico, in preda a un raptus di disperazione.
Pavia, 1° gennaio 2007: disoccupato uccide la madre disabile. Francesco Boario, 30 anni, ha colpito la donna con una spranga. Da tempo doveva accudirla perché gravemente malata.
Pesaro, 21 novembre 2007: una donna di 50 anni ha ucciso la figlia disabile di 22 anni tagliandole la gola con un coltello. Subito dopo la donna ha cercato di suicidarsi usando la stessa arma. La donna, depressa, soffriva per l'handicap della figlia.
Roma, Quartiere Prenestino, 29 settembre 2009: un dramma familiare ha causato due morti a Roma. Luigi Silvestri, 72 anni, ha ucciso la figlia disabile, annegandola, e poi si è tolto la vita lanciandosi dal balcone. Luigi aveva scoperto di avere un tumore.
Savona, 4 gennaio 2010: a 88 anni uccide figlio e si spara. «Era disabile, un gesto disperato».
Parma, 21 ottobre 2006: un cinquantasettenne ha ucciso la madre ottantunenne, disabile, poi si è tagliato le vene e si è gettato dal quarto piano dell'abitazione.
Pavia, 22 gennaio 2010: si uccide accanto alla figlia disabile. L'ex commerciante da cinquant'anni la accudiva ogni giorno. «Distrutto dall'angoscia».
Palermo, 22 ottobre 2010: uccide la madre disabile per non vederla soffrire. Storia di degrado e follia a Palermo: un pregiudicato toglie la vita alla madre invalida e malata.
Lucca, 9 ottobre 2011: strangola il figlio disabile. Da quasi quarant'anni si prendeva cura del figlio disabile, malato fin dalla nascita. Poi non ce l'ha fatta più: lo ha strangolato, forse per il timore di non poterlo assistere in futuro.

Citate alla rinfusa, sono solo alcune delle tante tragedie accadute in questi anni nel nostro Paese. Potremmo aggiungerne altre, altrettanto agghiaccianti come quella del settembre 2002, quando un padre, a Parma, si gettò dal terzo piano dopo avere staccato il respiratore del figlio affetto da atrofia spinale.
È fin troppo semplicistico e banale liquidarle come il frutto delle singole disperazioni, di personali drammi unani. No! Questi morti, e tutti quelli che verranno, hanno dei responsabili con nomi e cognomi. Sono i nomi di chi, ben sapendo che - e avendo avuto anche la sfrontata improntidudine di documentarlo in tanti "libri bianchi" ufficiali - il carico assistenziale è al 97% sulle spalle delle famiglie, non solo ha girato la testa dall'altra parte, ma ha fatto di peggio.
Di peggio! Ha ridotto il welfare (un nome inglese per una necessità universale) a un colabrodo, ne ha sottratto le risorse, ha lambiccato riflessioni astruse sui livelli di governo, sulle armonizzazioni, sulle ottimizzazioni, ma mai ha garantito dei livelli essenziali di assistenza, delle garanzie, dei diritti. Anzi, ha continuamente tagliato risorse, rosicchiato fondi, eliminato contributi. Considerato l'assistenza uno "spreco" che castra la competitività.

Le famiglie, tutte, sono alla disperazione. Non occorre che ce lo dica l'Istat che la soglia di povertà è stata varcata da milioni di nuclei e singoli e che molti altri ci sono vicini. Noi che viviamo la vita reale e che facciamo i conti con stipendi limitati, con i mutui, con il riscaldamento, con la disoccupazione, con la mobilità, con i figli da crescere e i genitori da accudire, lo sappiamo già fin troppo bene.
E per le persone con disabilità la situazione è ancora più tetra di quanto lo era un anno o un lustro fa. A quelle nere certezze, infatti, si aggiungono le ancora più cupe aspettative per il futuro.
È terribile, per le famiglie, prendere coscienza di non poter invocare, come fa lo Stato quando si tratta di assistenza, i limiti di bilancio. È terribile per un genitore non sapere che ne sarà domani per suo figlio. Potrà ancora permettersi di fargli frequentare un centro diurno? Potrà accantonare qualcosa per il suo futuro? Potrà morire sereno sapendo che a suo figlio qualcuno ci penserà?
Intanto c'è la quotidianità fatta di incombenze, di emergenze, di assistenza, di sovraccarico, di annullamento della notte e del giorno. E di solitudine.
Non c'è da stupirsi che vi sia chi arriva ad uccidersi e ad uccidere. E accanto alla morte, vi sono milioni di vite in perenne tensione, senza futuro e serenità. Ma tutto questo non è inevitabile perché ha delle cause e delle responsabilità.

Le cause saranno ancora più pressanti quando questo Governo e questa maggioranza - purtroppo con scarsa opposizione - approveranno la loro "riforma" assistenziale. Alle famiglie verranno tolti "i regimi di favore fiscale" e questo signifcherà più tasse. Alle famiglie verranno ricalcolati gli ISEE [Indicatore della Situazione Economica equivalente, N.d.R.] e questo significherà una maggiore partecipazione alla spesa. Alle persone con disabilità verranno riviste le indennità di accompagnamento, restringendone la concessione. Ai Comuni verrà tagliato un miliardo di euro che usavano per i già pochi servizi assistenziali.
È la logica della sussidiarietà dell'abbandono. Se non ci abbandona lo Stato, ci pensano le Regioni, e se nemmeno le Regioni ci riescono, ci pensano gli Enti Locali. E salvo la carità di qualche ente compassionevole, che arriva dove arriva, le persone rimangono sole. Abbandonate e segregate.

Non stupiamoci dunque delle prossime morti. Ma non sono solo tristemente e semplicemente "morti": sono degli omicidi.

venerdì 26 agosto 2011

Un'idea semplicemente disgustosa

Dall'Agenzia di stampa Asca:
Roma, 26 ago - ''Pensioni di reversibilità e indennità di accompagnamento non si toccano, Calderoli ammetta di essere stato vittima di un colpo di sole e ritiri la sua ''proposta indecente'''. Lo afferma il capogruppo dell'Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario, secondo cui ''è disgustoso e assolutamente indegno di uno stato civile pensare di far cassa accanendosi contro vedove, orfani e invalidi civili invece che colpendo evasori, delinquenti scudati e grandi patrimoni''.
''La manovra deve tagliare sprechi e privilegi, deve far pagare il conto a chi ha di piu' e a chi, grazie alla complicita' dei governi di centrodestra, non ha mai pagato le tasse, non a chi si trova in condizione di grave bisogno. La maggioranza non ci riprovi - conclude Belisario - lasci stare i più deboli e i sacrifici vada a chiederli a chi non li ha ancora fatti''.

domenica 1 maggio 2011

Il giudice ordina, ma il Comune...

MILANO – «Il Giudice ordina al Comune di Milano»: eppure il Comune non esegue. Anche se il giudice ordina qualcosa di tutt’altro che strampalato: rimuovere gli ostacoli di ogni genere che trasformano un tratto di strada del pieno centro della città in un percorso impossibile per gli invalidi. Togliere cestini, mettere scivoli, allungare i tempi dei semafori: questi gli ordini che il giudice Paola Gandolfi aveva emesso l’anno scorso, dopo che un perito nominato dallo stesso giudice aveva minuziosamente esplorato tutti i percorsi possibili per arrivare da piazza Paolo Ferrari a piazza della Scala muovendosi su una carrozzina a rotelle. È lo stesso percorso che ogni giorno, più volte al giorno, deve compiere un uomo inchiodato sulla sedia da una frattura mielica. Da quindici anni l’uomo paralizzato spiega, propone, rivendica. Gli danno tutti ragione, ma non succede niente. Alla fine, il signor C. ha deciso di rivolgersi alla magistratura, chiedendo al tribunale non solo di risarcirgli i danni, ma anche di costringere il Comune a eseguire i pochi, semplici lavori necessari a poter compiere il tragitto senza impiantarsi, ribaltarsi, finire sotto un furgone.
Il giudice Gandolfi ha nominato un perito. E la consulenza depositata alla perizia è un piccolo trattato di disordine metropolitano. Il consulente tenta tre strade diverse per compiere le poche decine di metri che separano le due piazze. Ma non c’è niente da fare. Se si gira da via San Dalmazio, primo ostacolo: «Un cestino portarifiuti ancorato al terreno e un cartello per la segnaletica stradale». E subito dopo, in passaggio Malagodi, un «marciapiede di 17 centimetri privo di scivolo di raccordo tra marciapiede e strada».
Il perito, come prima di lui il signor C., non si arrende. Prova di qua, prova di là, ma la storia non cambia: marciapiedi alti una spanna, binari sconnessi, cartelli, dissuasori, pavè maltenuto, motorini, scooter, biciclette parcheggiati dove capita. E quando finalmente si arriva all’incrocio, un semaforo dai tempi ghigliottina: «il segnale verde ha una durata che non consente il tempo necessario all’attraversamento neanche alle persone con una mobilità normale», si legge nella consulenza.
Di fronte alla perizia, al giudice restano pochi dubbi sul da farsi. Condanna il Comune per avere discriminato il signor C.: «la nozione di discriminazione – argomenta la dottoressa Gandolfi nella sentenza – si riferisce tanto a quella diretta quanto a quella indiretta, cioè a quei criteri, prassi, atti, patti o comportamenti apparentemente neutri che mettono una persona disabile in condizione di svantaggio rispetto ai soggetti abili, mantenendo una barriera al pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Molto spesso non sono il comportamento o la prassi a creare lo svantaggio, ma il fatto che non sia prevista una diversità di trattamento a favore dei disabili».
Per questo il Comune viene condannato a risarcire venticinquemila euro al signor C., e soprattutto a risolvere finalmente il problema, «con le modalità che l’amministrazione riterrà più opportune: ad esempio eliminazione o spostamento di manufatti non essenziali ancorati al suolo, regolazione dei tempi semaforici per gli attraversamenti, divieto di sosta per motoveicoli sui marciapiedi e relativo controllo, sistemazione della agibilità degli scivoli».
Il giudice dà al Comune tre mesi di tempo. Invece l’avvocatura di Palazzo Marino fa appello, spiega che intorno a piazza Scala ci sono marciapiedi del Settecento e dell’Ottocento vincolati alla Sovrintendenza. Ma il 9 dicembre anche il tribunale (pur riducendo a diecimila euro il risarcimento per l’invalido) ribadisce: i lavori devono essere fatti. Ma continua a non succedere niente. Gli ostacoli rimangono dove sono, il signor C. continua a dover affrontare ogni giorno il suo percorso di guerra. Qualche giorno fa, il suo difensore Carlo Verticale riparte all’attacco e scrive all’Avvocatura comunale chiedendo sia di versare il risarcimento che di eseguire finalmente i lavori ordinati dal tribunale. Ancora silenzio. Dalla prima protesta del signor C. sono passati quasi quindici anni.
di Luca Fazzo
(www.ilgiornale.it)

martedì 26 aprile 2011

Ragazzo prigioniero d'una scalinata

Ha aspettato per oltre venti anni, tra promesse mancate e progetti rimasti solo sulla carta, che il Comune intervenisse affinché fosse sistemata quella scalinata che da sempre tiene «prigioniero in casa propria» il figlio, costretto a vivere sulla sedia a rotelle ed impossibilitato ad uscire di casa se non con l'ausilio di volontari. Ormai esasperato Carlo Pieretti, padre di Michele, giovane di 28 anni affetto da tetraparesi spastica, si rivolge alla Procura della Repubblica perché al proprio figlio vengano garantiti tutela e diritti. Lo fa con un esposto, presentato attraverso il legale di fiducia Cesare Bruzzi Alieti, dopo che il Comune della Spezia in tutti questi anni sostiene non ha mai effettuato i necessari interventi per eliminare le barriere architettoniche lungo la scalinata che separa l'abitazione (situata a Fabiano Alto) dalla strada. «In questi anni si legge nell'esposto scritto da Carlo Pieretti io e mia moglie abbiamo più volte richiesto espressamente al Comune di porre rimedio a questa situazione, chiedendo di allargare di poco la scalinata pubblica al fine di permettere ad un veicolo di poter arrivare fino a casa e prendere il ragazzo, ma nessuno ha mai affrontato il problema, lasciando mio figlio in questa tristissima situazione. Non posso più permettere che mio figlio continui a vivere isolato dal resto del mondo, sono stati posti scivoli e pedane d'accesso in luoghi molto più importanti dal punto di vista architettonico e culturale rispetto a quella scalinata rincara Pieretti e non è possibile che si lasci un ragazzo chiuso in casa senza concedergli la possibilità di vivere in maniera quanto più normale possibile. Tale situazione umilia un giovane già di per sé sfortunato, che si vede negare ogni minimo aiuto dagli Enti che dovrebbero invece tutelarlo».
di Matteo Marcello (La Nazione del 7 aprile 2011)

Non c'è limite alla vergogna


Succede a Bari, protagonista Isabel, una ragazza mauriziana di 21 anni. La storia è raccontata dal Corriere della sera, e la dice lunga su quanto il Palazzo sia lontano anni luce dai bisogni veri della gente. Quello che è capitato a quella povera ragazza è presto detto: prima un'improvvisa malattia le ha fatto perdere parte delle mani e dei piedi; poi per un cavillo la burocrazia le ha tolto l’assegno di assistenza perché "troppo malata".
"Erano poche centinaia di euro - spiega il Corriere - che, però, avrebbero consentito a Isabel di aiutare economicamente la famiglia la quale, per garantirle le cure, ha speso i risparmi di una vita e ha dovuto subire anche uno sfratto". Isabel era giunta nel 2006 a Bari dove già vivevano i genitori, immigrati in Italia da qualche anno in cerca di fortuna. Una famiglia inserita nella comunità barese, con il capofamiglia operaio della Toyota e la mamma casalinga, gente perbene. Giunta da poco in Italia, Isabel comincia ad avvertire i primi sintomi di una terribile malattia. Si chiama vasculite necrotizzante e costringe la ragazza a un ricovero in rianimazione, dove entra in coma e ci rimane per più di un mese.
Tornata alla vita, Isabel viene a sapere che il male le ha già prodotto danni irreversibili agli arti inferiori e superiori. Per lei e per i suoi genitori inizia un altro calvario, alla ricerca delle cure in grado quanto meno di fermare la malattia. Ma i medici non possono nascondere la verità: non c’è nulla da fare. Per salvarle la vita le amputano le falangette delle mani e dei piedi. Cure costosissime, che richiedono enormi sacrifici ai genitori (da qui lo sfratto dalla casa in cui abitano), i quali però non si arrendono. Lentamente Isabel si riprende, forse il peggio è passato, forse riesce a vivere. E per dare una mano ai suoi chiede all'Asl il riconoscimento della sua invalidità. Il caso è solare, e la commissione medica le riconosce un'invalidità del 100 per cento con diritto all'assegno di assistenza: 470 euro al mese. Quasi quanto prende un parlamentare...
470 euro, almeno quelli! E invece no. Perché Isabel, come riferisce il Comune all'Inps, non è in possesso di carta di soggiorno o permesso di soggiorno «Ce» per soggiornanti di lungo periodo; è insomma in Italia da troppo poco tempo perché una legge approvata anni fa stabilisce che per avere diritto a quei soldi occorra stare qui da almeno cinque anni.
Ma c'è di più (e di peggio): nel 2010 la Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità di tale norma nella parte in cui subordina la sussistenza del requisito dei 5 anni di soggiorno alla erogazione dell’assegno mensile di assistenza. E fin qui tutto bene, si direbbe. E invece no, perché è venuto fuori che per avere diritto all'assegno il cittadino straniero debba avere una invalidità che determini una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 74 e il 99%. A questo punto lo sconcerto è totale: Isabel è infatti risultata invalida al 100 per cento, e quindi per lo Stato italiano è troppo invalida per avere diritto all’assistenza.
Ma non c'è nessuno, fra chi in un modo o nell'altro governa questo Paese, che riesca a provare almeno una volta un po' di vergogna?


martedì 19 aprile 2011

A volte ritornano. E ci riprovano

Da un già autorevole direttore di giornali, ma soprattutto da un senatore della repubblica, mi sarei aspettato un’analisi ben più profonda del problema della disabilità.
Il senatore Giuliano Cazzola (“La voragine degli invalidi”, La Nazione del 19 aprile) riduce tutto a una questione di reddito familiare. Riferendosi all’indennità di accompagnamento lascia intendere infatti che per lui non dovrebbe contare la condizione della famiglia disabile (perché occorre prendere finalmente atto che una famiglia con un disabile nel suo seno è a sua volta una famiglia disabile), ma solo il suo reddito.
Il senatore lancia insomma un messaggio devastante, un’idea che peraltro da parecchio ronza in testa ad esponenti del centrodestra che ogni tanto la rispolverano sotto forma di emendamenti vari: se la famiglia del disabile è benestante, il disabile non deve avere diritto all’indennità. A costoro non interessa, o magari non ci pensano, mettiamola così, che nella quasi totalità dei casi quei 460 euro mensili costituiscono l’unica entrata che consenta a un disabile grave o gravissimo, però in grado di capire  la sua realtà, di sentirsi almeno un po’ indipendente dalla famiglia sotto il profilo economico. No, a loro interessa soltanto “la voragine degli invalidi”.
Ma perché non  prova il senatore Cazzola a chiedere quanti padri o quante madri, siano o no benestanti, ogni anno uccidono i propri cari disabili, e si tolgono a loro volta la vita, non per una questione di soldi, bensì perché “non ce la fanno fa più”? Perché sono del tutto ignorati dallo Stato e dalla politica?
Vada a rileggersi, il senatore Cazzola, i programmi elettorali presentati da centrodestra e centrosinistra negli ultimi vent’anni: si accorgerà che il tema della disabilità è liquidato in tre o quattro righe di belle parole, con il copia e incolla.
Un senatore poi dovrebbe sempre dire la verità. Dovrebbe per esempio confessare che fino a quando l’accertamento dei requisiti per la concessione dell’indennità di accompagnamento  era demandato allo Stato (magari mediante commissioni mediche militari) i beneficiati erano cento, mentre  da quando nel 2003 quel compito è stato demandato alle Regioni (cioè ai partiti) essi sono diventati mille. Non sente in tutto questo, caro senatore, un gran tanfo di sistema clientelare, di voti discambio, di sporche corrutele politiche?
Un caso emblematico si è verificato proprio ieri. Tutti i giornali hanno dato notizia dell’arresto di un cieco totale che guidava benissimo l’auto, ma nulla si è detto sui medici che ne hanno certificato la cecità assoluta. Come mai?
Bisogna rassegnarsi, le cose nel nostro allegro Paese vanno così, e credo che al senatore Cazzola non sia sfuggito lo scherzetto combinatogli proprio dal giornale del quale è stato direttore: accanto al suo commento (“La voragine degli invalidi”) campeggiava infatti un titolo a tutta pagina: “Parmalat, assolte le banche”; e, sotto, la foto degli avvocati degli “assolti” che se la ridevano a crepapelle.  Loro sì che di voragini se ne intendono. E se la ridono!

sabato 16 aprile 2011

A rischio le vacanze dei ragazzi

Lettera pubblicata da Cittadellaspezia.it 


"Quest’anno l’assessorato al welfare ha deciso di affidare a un privato l’organizzazione dei soggiorni estivi al mare o in montagna per i ragazzi disabili, con il risultato che con tutta probabilità le vacanze non si faranno. Nel piano presentato, infatti, viene dimezzata la durata dei soggiorni (da due settimane a una), e anche quella del numero degli accompagnatori (stiamo parlando di disabili molto gravi, non pochi in carrozzella, che hanno bisogno di essere assistititi in tutto). Inoltre viene raddoppiato il costo a carico delle famiglie, e sono proposte soluzioni logistiche inaccettabili.
Come genitori abbiamo respinto con forza il piano e siamo rimasti molto delusi dal trattamento ricevuto da parte del Comune, a maggior ragione dopo tanti anni di collaborazione. Contrariamente agli altri anni, quando ci vedevamo per tempo per concordare insieme l’organizzazione delle vacanze, stavolta ci hanno tenuti all’oscuro di tutto convocandoci solo per presentarci il loro bel pacchettino già confezionato. Piuttosto ci teniamo a casa i nostri figli però poi loro evitino di fare tanti bei discorsi sulla disabilità. Tutti quanti, medici, psicologi, operatori, assessori, ecc. hanno sempre sostenuto che le vacanze erano fondamentali per il benessere di questi ragazzi, i quali per quindici giorni all’anno potevano finalmente vivere una vita quasi normale, lontani dalle loro troppo protettive famiglie, e divertirsi in compagnia dei loro amici, e adesso ci fanno questo bello scherzo. E non vengano a raccontarci che è una questione di soldi perché per tante altre cose i soldi quando vogliono li trovano. Né ci dicano, come ci hanno detto, che intendono dare un servizio, tipo i centri estivi, a chi servizi non ha, come i ragazzi disabili che restano a casa una volta chiuse le scuole. Non è vero, perché un centro estivo che ospita numerosi ragazzi disabili funziona già da decenni sulla collina di Gaggiola. Siamo tutti capaci di levare da una parte per mettere dall’altra, ma occorre vedere cosa succede, quali conseguenze provochi, quando togli di qua per mettere di là. Stando così le cose, per la prima volta, potremmo decidere di tenere a casa tutti i nostri figli".

sabato 2 aprile 2011

Paolo, un nuovo angelo

Paolo, dolcissimo ragazzo, ci ha lasciati. Se n'è andato nel sonno, silenzioso, quasi temesse di disturbare. Ora c'è un nuovo angelo in Paradiso

lunedì 28 marzo 2011

Tagli a scuola? Ministero condannato


Il tribunale della Spezia ha individuato una «condotta discriminatoria» del ministro per l'istruzione che ha ridotto le ore di insegnamento di sostegno a favore di uno studente disabile di un istituto superiore della Spezia. A proporre il ricorso davanti al giudice competente era stata l'avvocato Isabella Benifei.
Il giudice ha condannato il ministero a ripristinare le ore di sostegno e a pagare le spese processuali. Incaricata dai genitori del ragazzo, l’avvocato Benifei ha contestato il contrasto fra i tagli della Gelmini e il diritto alla tutela delle persone con disabilità. «L'articolo 3 della Costituzione - si legge nel ricorso - promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento» e con il provvedimento ministeriale «viene leso il diritto del disabile all'istruzione.

venerdì 18 marzo 2011

Poi, un giorno, non ce la fai più

Delitti d’amore
(e di disperazione)




2011

9 ottobre
BARGA – Lo ha strangolato con le bretelle che aveva accanto al letto. Temeva che nessuno potesse più prendersi cura di suo figlio, Andrea, 39 anni, cerebroleso. Dormivano nella stessa stanza, padre e figlio, in una casa di campagna di Lato, una frazione di Barga in provincia di Lucca. La moglie del pensionato dormiva in un'altra stanza.
Questa mattina Romano C., 65 anni, ex artigiano ora in pensione, quando Andrea si è svegliato e tossiva e si lamentava ha preso le bretelle e lo ha strangolato. Poi ha chiamato il 118. L’uomo ha poi spiegato agli investigatori di essere malato e che la sua angoscia era quella di lasciare il figlio solo perché temeva che nessuno potesse prendersi cura di lui

2010

21 gennaio
Pavia – Un’esistenza passata ad accudire la figlia disabile. Tristezza e sacrifici accumulati giorno per giorno, per 50 anni. Fino a che il padre, un ex commerciante di 76 anni, non ce l’ha fatta più. Si è tolto la vita accanto al letto di quella figlia che amava così tanto, legandosi un tirante attorno al collo e azionando il meccanismo sollevatore del letto con il telecomando. Nessun biglietto. Un passato difficile, quello dell’uomo, che aveva perso un figlio di appena 16 anni, annegato in un lago durante una vacanza, e la moglie, stroncata da una malattia. C’era rimasta solo sua figlia a spingerlo ad andare avanti. Di lei, affetta dalla nascita da una grave disabilità fisica e mentale, si era sempre preso cura, spesso da solo. Non voleva che finisse in un istituto, non voleva separarsi da lei e non chiedeva quasi mai aiuto. E così ha fatto anche l’ultimo giorno: ha lavato e cambiato sua figlia, come sempre, le ha aggiustato le lenzuola, quindi ha riposto le sue medicine e le pastiglie sul comodino, bene in vista, come a ricordare agli altri di non fargliele mai mancare. Gesti lucidi, provocati da una sofferenza interiore che forse il pensionato era riuscito a nascondere agli altri per molto tempo. L’uomo pensava al passato, ma anche al presente e al futuro. Pensava che la sua vecchiaia l’avrebbe sempre di più allontanato dall’unica cosa che gli restava, e in un momento di vuoto ha deciso di farla finita. Lo ha fatto continuando a restare vicino a quell’unica figlia. Quindi si è legato al collo il tirante ed ha azionato il meccanismo lasciandosi trascinare dal sollevatore.

9 maggio
Ravenna – Un uomo di  85 anni, Giovanni, ha ucciso il figlio disabile di 53 anni con un colpo di pistola alla testa. Quindi si è sparato a sua volta alla tempia.

2009

17 marzo
Teramo – Un pensionato settantenne, Vincenzo, di Campli, ha ucciso questa mattina con un colpo di fucile in pieno petto il figlio Giuseppe di 35 anni, affetto da disabilità psichica.

8 aprile
Milano – Un uomo di 70 anni ha copito con un coltello la moglie e il figlio disabile mentale e poi si è tolto la vita gettandosi da una finestra della sua casa.

19 giugno
Bari – Lei muore per infarto. Lui, disabile, di fame. Perché non c'era nessuno che potesse dargli da mangiare. È tutto accaduto nel silenzio più totale, nessuno ha visto, nessuno si è accorto di nulla. Per una settimana. Poi la scoperta terribile: i due corpi senza vita, già in stato di decomposizione. E’ successo a Bari, in pieno centro. Lì vivevano Maria, 86 anni, e suo figlio Cosimo, 52 anni, sordo e cieco. Lì sono morti in solitudine e povertà.

19 luglio
Bolzano – Ha lasciato la figlia di appena cinque mesi, disabile, in un pozzetto per l’irrigazione, quindi è fuggita facendo perdere le proprie tracce lasciando la carrozzina vuota in mezzo ai campi. Il cadavere della madre, 44 anni, è stato ritrovato solo dopo la mezzanotte poco distante, tra le vigne. Il corpo ormai privo di vita della bambina, affetta dalla sindrome di Down, è stato rinvenuto poco dopo nel pozzo. La donna, maestra d’asilo, amante dei bambini, madre anche di un bambino di 5 anni, non era riuscita a superare il trauma della nascita di una bimba disabile e ieri ha ceduto alla propria disperazione.


30 settembre
Roma – Dopo aver saputo di aver un cancro alla prostata un uomo uccide la figlia disabile di 47 anni annegandola in bagno e quindi si è tolto la vita gettandosi dalla finestra di casa, a un quinto piano. Gente semplice, gentile malgrado le tante disgrazie che li avevano segnati. Così nel popolare quartiere Prenestino gli abitanti raccontano la famiglia Silvestri. «Da quando è nata la figlia le sono stati sempre accanto – dicono i vicini – genitori così magari esistessero al mondo. La portavano in braccio perché non poteva muoversi. Quando il signor Luigi trovava occupato il suo posto riservato per handicap non ha mai litigato con nessuno. Era una famiglia di brava gente”. La polizia ritiene che la disperazione per la malattia, ha spinto l'uomo a uccidere la figlia disabile per non lasciarla sola in caso della sua morte.

2008

4 febbraio
Savona – “Non posso pensare di lasciare questo figlio che ho tanto amato da solo in questo mondo. Perdonatemi”: con questa frase Francesco, 89 anni, ha motivato su uno dei due biglietti lasciati alle due figlie sessantenni che abitano a Milano, il tragico gesto che due giorni fa lo ha spinto a premere il grilletto della sua pistola contro il figlio adottivo Pophillat, 35 anni, affetto da una forma di disabilità fisica e mentale, per poi uccidersi rivoltando l'arma contro se stesso.

20 febbraio
Imola – Una ragazza di 25, sofferente dalla nascita di un grave handicap psichico, è stata uccisa a coltellate e colpi di mattarello dalla madre quarantanovenne, la quale ha poi ha tentato il suicidio squarciandosi un braccio con diversi colpi dello stesso coltello usato per uccidere la figlia. E’ accaduto a Sassoleone, nell’Appennino imolese.


23 giugno
Reggio Calabria – Una tragedia della disperazione. Così un investigatore ha definito l’assassinio di Antonio, di 36 anni, ucciso dal padre Alessio, di 63. Antonio, da tempo malato di mente, è stato ucciso dal padre nel sonno con due colpi di fucile sparatigli alla testa da breve distanza. Tra i due vi erano continue liti causate dallo stato del malato.

5 luglio
Milano – Un padre disperato di 68 anni, pensionato, cerca di dare fuoco al figlio trentenne, schizofrenico violento.  Il ragazzo viveva in casa con la madre ed il padre. Le liti e le aggressioni erano continue, furibonde.

2007

29 giugno
Palermo –  Padre uccide figlio autistico e denuncia: per lo Stato i disabili non esistono.
Ha preso per mano il figlio autistico e lo ha condotto fuori di casa per fare una passeggiata nelle campagne di Gibilrossa. Ma è tornato da solo. Una tragedia della disperazione quella che ha portato Calogero, maestro di scuola in pensione, ad uccidere il suo unico figlio, Angelo, 26 anni, autistico da quando ne aveva due. Lo ha strangolato con una corda da traino e una chiave inglese che teneva nel cofano della sua auto. Poi col cadavere del figlio in macchina si è presentato ai carabinieri della stazione di Villagrazia, a Palermo. “Ho ucciso mio figlio. Non ce la facevo più”, ha detto.

8 novembre

Venezia – Dopo anni di cure amorevoli è crollata, e ha imbavagliato e legato a una catena nello scantinato di casa la figlia 25enne, disabile al 75%. A scoprire l’accaduto è stato il padre della ragazza il quale, al rientro dal lavoro, ha trovato la figlia legata e imbavagliata e ha chiesto l'intervento dei militari. Già in passato la donna si era rivolta ai medici per crisi legate alle gestione familiare.

22 novembre
Fano – Una donna di 50 anni, Silvana, ha ucciso questa mattina Sara, la figlia disabile di 22 anni, tagliandole la gola con un coltello; la donna ha poi cercato di suicidarsi usando la stessa arma. È stata ricoverata in gravissime condizioni. La ragazza era gravemente disabile dall’età di quattro anni, e la madre, una casalinga, pativa molto questa condizione, che necessitava di continua assistenza e attenzione.


2005

20 dicembre
Roma – Un uomo decapita la moglie, quindi uccide il figlio disabile di 25 anni e muore d’infarto. I vicini avevano più volte udito litigi dal loro appartamento e talvolta erano intervenute le forze dell'ordine. La coppia negli ultimi tempi litigava spesso, in particolare per motivi economici legati al mantenimento del figlio.

2004

22 febbraio
Caltanissetta – Un uomo di 42 anni, dopo aver perso il lavoro, si getta in mare con la figlia disabile: la bimba, 12 anni, muore; lui invece si salva.

2003

25 gennaio
Modena – Guerino, 56 anni, cantoniere comunale in pensione, a Prignano uccide sua madre, Rosilde, 89 anni, da qualche tempo bloccata su una sedia a rotelle. L’ha colpita con un coltello e forse anche con un martello, poi è uscito per andare a gettarsi in una pozza biologica poco lontana da casa. Ha lasciato un biglietto: “Mi troverete nel pozzo nero”. E lì è stato ripescato il suo corpo senza vita.

13 giugno
Roma – Salvatore, 76 anni, medico militare in pensione, fa ingerire una forte dose di tranquillanti al figlio di 39 anni, autistico, sordomuto e psicotico, e lo uccide con due colpi di pistola davanti alla moglie. “Nostro figlio ci maltrattava e ci aggrediva, la nostra vita era diventata un inferno“, racconta poi la donna.

17 giugno
Comacchio – Rina, 56 anni, dà qualche goccia di tranquillante alla figlia Maria Grazia, affetta da una forma molto grave di autismo, e poi la uccide soffocandola con le coperte. “Non ne potevo più, ho ammazzato la mia ragazza”, ha confessato la donna ai carabinieri. La figlia era diventata particolarmente aggressiva, urlava sempre, si scagliava soprattutto contro la madre, e non permetteva ad alcuno di entrare in casa.

4 settembre
Milano – Un pensionato di 64 anni non sopportando più le sofferenze della convivente afflitta da un tumore al cervello la colpisce ripetutamente riducendola in fin di vita, e poi si impicca.

11 settembre
Sondrio – Un pensionato di 77 anni uccide la moglie gettandola dal quarto piano dell’ospedale, poi si è toglie la vita buttandosi a sua volta nel vuoto. La donna era da tempo malata e bloccata su una sedia a rotelle. L'uomo aveva confidato a conoscenti che non ce la faceva più a vederla soffrire in quel modo.

29 settembre
Bologna – Alfio, 77 anni, strangola con un cavo elettrico la moglie Rosanna di 79 anni, gravemente invalida, immobilizzata a letto; poi cerca di uccidersi chiudendosi la testa in un sacco di plastica. Ma lo salva la figlia. Ha lasciato un biglietto: “Non ce la faccio più. Non potevo più vederla soffrire in quelle condizioni. Non lo meritava. Perdonatemi“.

2 novembre
Trento – In una elegante villetta di Ville del Monte, comune di Tenno, sul versante nord del lago di Garda, Maria, 46 anni, uccide soffocandolo con un cuscino il figlio Massimiliano (28 anni), costretto su una sedia a rotelle per una grave forma di patologia plastica emersa all’età di sei mesi. La donna racconta poi ai carabinieri che il ragazzo le diceva spesso che preferiva morire piuttosto che vivere così. “Non volevo più che soffrisse”. Quando il figlio era ancora piccolo, la madre si era licenziata dal lavoro per potergli stare sempre vicina.

2002

18 marzo
Anzio (Roma) – Klaus, tedesco di 63 anni, uccide la moglie di 54 anni e i figli disabili di 15 e 11 anni nel bosco di Foglino, poi va all'ospedale di Anzio, sale al terzo piano e si toglie la vita gettandosi nel vuoto.

3 aprile
Alatri (Frosinone) – Non ce la faceva più ad andare avanti, ma non voleva che il fratello, disabile  e quasi cieco, rimanesse solo. Così, Rina, 63 anni, ha sciolto un cocktail di farmaci in due tazze di cioccolato che ha poi bevuto assieme al fratello Paolo (59). L'uomo è morto, lei è sopravvissuta ed è stata arrestata.

26 settembre
Parma – Il bambino, nove anni, è in coma da tre anni, condannato da una malattia genetica, rara e spietata. Un piccolo essere inanimato, destinato a una morte lenta dalla paralisi dei muscoli, tenuto in vita da una macchina e dalla straordinaria dedizione dei genitori. Poi... Il papà, un uomo intelligente e lucido, fino a quella sera ostinato e tenace nell’assistere il bambino, stacca il respiratore , prende in braccio il figlio, apre la finestra  e si lancia dal terzo piano. Muoiono entrambi sull’asfalto di casa.

24 ottobre
Parma – Pier Ezio, 42 anni, insegnante, si butta da una finestra del suo appartamento al terzo piano tenendo in braccio il figlio Jacopo di 9 anni. I due muoiono sul colpo. Il bambino era affetto dalla sindrome di Hoffman e dal '99 anni era in coma irreversibile. L'uomo ha lasciato un biglietto alla moglie, assente al momento della tragedia: “Mary, io e Jacopo stiamo uscendo. Fai quello che vuoi. Vivi".

2001

12 settembre
Modena – Madre uccide il figlio quattordicenne con problemi di autismo soffocandolo con un sacchetto avvolto intorno alla testa nella sua camera da letto a Limidi di Soliera.

23 ottobre
Bologna – Una donna di 48 anni stacca il tubo del gas e quando il marito accende una sigaretta l’esplosione uccide lui e Cinzia, figlia disabile di 29 anni. La donna, ustionata gravemente, confessa dieci giorni dopo.

3 novembre
Formignana (Ferrara) – Un padre strangola la figlia paraplegica. 

1999

14 maggio
Santeramo in Colle (Bari) – Un’anziana donna uccide la figlia cerebrolesa di 49 anni avvelenandola con una massiccia dose di tranquillanti sciolti nell'acqua, poi tenta il suicidio nello stesso modo.

4 dicembre
Costigliole (Asti) – Un agricoltore di 73 anni uccide a fucilate il figlio disabile di 38 anni, handicappato mentale, poi si uccide.
 
1998

28 agosto
Grottaferrata (Roma) - Un pensionato di 76 anni uccide con un colpo di pistola il figlio di 41 anni, handicappato mentale. Poi si spara con la stessa arma.

1997
7 febbraio
Sassoferrato (Ancona) – Un farmacista di 58 anni uccide con un colpo di pistola la figlia di 33 anni, affetta da handicap mentale, poi si spara alla testa rimanendo ferito in modo gravissimo.

8 dicembre
Mantova – Una donna di 58 anni annega la figlia di 33 anni, con gravi handicap psico-fisici nel Lago inferiore, alla periferia di Mantova. Poi si uccide annegandosi a sua volta.

lunedì 21 febbraio 2011

Lo Statuto della Fondazione

STATUTO DELLA FONDAZIONE
dopo di noi
Oltre l'orizzionte

Art. 1 COSTITUZIONE

E' istituita la Fondazione dopo di noi denominata "Oltre l'orizzonte", con sede alla Spezia (SP) in via Fiume 207, soggetto privato, dotato di personalità giuridica, avente scopo non lucrativo e di utilità sociale.

Art. 2 SCOPO

Scopo della Fondazione è l'intervento socio sanitario e di solidarietà sociale diretto ad affiancare e sostituire il sostegno familiare nelle situazioni di presenza di persone disabili. S'intende per disabilità qualsiasi limitazione o perdita (conseguente alla menomazione o derivante da patologie psichiatriche) della capacità di compiere una attività di base (quale mangiare, camminare, lavorare, curare la propria persona, ecc.) nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano, secondo la definizione che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito in merito alla classificazione internazionale delle menomazioni, disabilità e svantaggi essenziali.
La Fondazione persegue iniziative aventi esclusive finalità di solidarietà sociale relativamente ai seguenti settori: assistenza sociale e assistenza socio sanitaria.

L'obiettivo della Fondazione è dare risposte ai seguenti bisogni:
  • Integrazione sociale e mantenimento nel proprio ambiente di vita dei cittadini disabili privi di assistenza familiare
  • Assistenza socio sanitaria e protezione dei cittadini disabili privi di assistenza familiare
  • Sostegno fisico e morale a nuclei familiari con persone disabili
  • Assistenza sociale e socio sanitaria a nuclei familiari non autosufficienti con disabili, per i quali necessitino soluzioni residenziali.

Tali finalità sono perseguite attraverso
  1. L'azione d'impulso e di assistenza nei confronti delle realtà spontanee o istituzionali esistenti aventi le medesime e similari funzioni di intervento socio sanitario e di solidarietà sociale. La Fondazione, senza alcun vincolo, potrà svolgere attività di coordinamento e di intervento presso l'esterno a tutela del complesso di enti, organizzazioni, associazioni e quant'altro, aventi il medesimo o similare scopo sociale. Nell'esercizio della propria attività la Fondazione avrà cura di rapportarsi con le organizzazioni esistenti nel pieno rispetto del loro ambito territoriale al fine di ottenere il massimo risultato a favore dei disabili.
  2. La promozione e la gestione di servizi sostitutivi della famiglia quali, in particolare: case-famiglia (anche per situazioni di emergenza); comunità-alloggio; soluzioni residenziali assistite, nonché l'organizzazione di soggiorni-vacanze e simili.
  3. Ogni altro sistema, tecnica o ipotesi di assistenza o sostituzione della famiglia che l'evoluzione tecnica e amministrativa consentiranno.
Nella realizzazione delle case famiglia e nell'individuazione degli ospiti, così come in ogni altra attività strumentale, dovrà essere rispettato il principio del mantenimento del disabile nel proprio ambito territoriale, al fine di preservare i legami umani e di ambiente esistenti.


Art. 3 ATTIVITA' STRUMENTALI ACCESSORIE E CONNESSE

La Fondazione potrà promuovere tutte quelle attività che siano finalizzate alla realizzazione dei propri scopi, nonché procacciarsi i mezzi finanziari ed economici per la realizzazione degli scopi statutari predisponendo un programma di investimenti in fasi successive, da aggiornarsi secondo le disponibilità economiche della Fondazione.
La Fondazione porrà alla base della propria attività convenzioni con gli enti pubblici competenti per l'assistenza ai disabili, al fine di determinare con certezza gli ambiti di intervento e le risorse di personale e di finanziamento disponibili.

Per il raggiungimento dei suoi scopi la Fondazione potrà fra l'altro:
  • Stipulare ogni opportuno atto o contratto, anche per il finanziamento delle operazioni deliberate, tra cui, senza l'esclusione degli altri, l'assunzione di mutui, a breve o a lungo termine; l'acquisto, in proprietà o in diritto di superficie, di immobili; la stipula di convenzioni di qualsiasi genere anche trascrivibili nei pubblici registri, con Enti Pubblici e Privati, che siano considerate opportune ed utili per il raggiungimento degli scopi della Fondazione;
  • Amministrare e gestire i beni di cui sia proprietaria, locatrice, comodatario o comunque posseduti;
  • Stipulare convenzioni per l'affidamento in gestione di parte o di tutte le attività;
  • Partecipare ad associazioni, enti ed istituzioni pubblichi e privati, movimenti di volontariato, la cui attività sia rivolta, direttamente o indirettamente, al medesimo scopo; la Fondazione potrà, ove lo ritenga opportuno, concorrere anche alla costituzione degli organismi anzidetti;
  • Costituire, ovvero concorrere alla costituzione, sempre in via accessoria e strumentale, diretta o indiretta, al perseguimento degli scopi istituzionali, di società di persone e/o capitali nonché partecipare a società del medesimo tipo;
  • Svolgere, in via accessoria e strumentale al perseguimento dei fini istituzionali, attività di commercializzazione, anche con riferimento al settore dell'editoria e degli audiovisivi in genere, e a quello degli articoli accessori di pubblicità (gadgets e simili);
  • Organizzare manifestazioni culturali, di spettacolo e del tempo libero in genere.

Art. 4 DURATA

La durata della Fondazione è illimitata.

Art. 5 AMBITO

Le finalità della Fondazione si esplicano nell'ambito della regione Liguria, con particolare riferimento al territorio provinciale della Spezia, che costituisce l'ambito territoriale primario. La Regione Liguria vigila sull'attività della Fondazione ai sensi dell'art. 25 del Codice civile.

Art. 6 DELEGAZIONI E UFFICI

Delegazioni e uffici potranno essere costituiti sia in Italia che all'estero onde svolgere in via accessoria e strumentale rispetto alle finalità della Fondazione, attività di promozione nonché di sviluppo e incremento della necessaria rete di relazioni nazionali e internazionali di supporto alla Fondazione stessa.

Art. 7 PATRIMONIO E FONDO DI DOTAZIONE

Il patrimonio della Fondazione è costituito da:
  • dai beni descritti nell'Atto Costitutivo e donati dai fondatori all'atto della costituzione;
  • dai beni mobili e immobili che perverranno alla Fondazione a qualsiasi titolo, nonché elargizioni e contributi da parte di sostenitori, di enti privati o pubblici, nonché da persone fisiche, sempre che i beni immobili e mobili, le elargizioni e i contributi di cui sopra siano espressamente destinati a incrementare il patrimonio per il raggiungimento dei fini stabiliti dai fondatori
  • dalle riserve e dalle rendite non utilizzate che, con delibera del Consiglio di amministrazione della Fondazione siano destinate ad incrementare il patrimonio.
Il patrimonio è destinato direttamente all'attuazione dei fini della Fondazione.
Il finanziamento dell'attività della Fondazione è assicurato:
  • dai redditi derivanti dal patrimonio della Fondazione;
  • dalle somme annualmente assegnate a titolo di contributo volontario dai soci non destinate a incrementare il patrimonio;
  • dagli eventuali contributi erogati, anche in via straordinaria, dagli enti pubblici in genere, e in particolare dai Comuni, dalla Provincia, dalla Regione, dallo Stato e dalle Aziende Asl;
  • dai contributi volontari, oblazioni, lasciti, eredità o legati e donazioni in genere pervenuti alla Fondazione per finanziari l'attività e non destinati a incrementare il patrimonio;
  • dai proventi derivanti dagli eventuali rapporti convenzionali stipulati per l'esplicazione di attività istituzionali
  • da ogni altra risorsa finanziaria da qualsiasi soggetto proveniente.

Art. 8 ESERCIZIO FINANZIARIO

L'attività della Fondazione sarà organizzata sulla base di programmi approvati dal Consiglio di amministrazione.
L'esercizio finanziario ha inizio con il 1° gennaio e termina il 31 dicembre di ciascun anno.
Entro tale termine il Consiglio di amministrazione approva il bilancio economico di previsione, ed entro il 30 aprile successivo il conto consuntivo. Il bilancio di esercizio, unitamente al verbale della seduta in cui è stato approvato, dovrà essere depositato nei modi di legge.
Gli impegni di spesa e le obbligazioni, direttamente contratti dal rappresentante legale della Fondazione o dai membri del consiglio di amministrazione muniti di delega, debbono essere ratificati dal Consiglio di amministrazione stesso.
Gli eventuali avanzi delle gestioni annuali dovranno essere impiegati per ripianare eventuali perdite di gestione precedenti, ovvero per il potenziamento delle attività della Fondazione o per l'acquisto di beni strumentali per l'incremento o il miglioramento della sua attività, ovvero, alternativamente, a finanziare altre Fondazioni, ovvero ad incrementare il patrimonio della Fondazione stessa.

Art. 9 DISTRIBUZIONE

La Fondazione non può distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita della Fondazione stessa, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre Fondazioni che per legge, statuto e regolamento abbiano i medesimi scopi istituzionali.

Art. 10 ORGANI

Organi della Fondazione sono:
  • il Comitato dei Fondatori
  • il Presidente della Fondazione
  • il Consiglio di Amministrazione
  • il collegio dei Revisori dei conti

Art. 11 GRATUITA'

Tutte le cariche previste nel presente Statuto sono a titolo gratuito. E' comunque dovuto il rimborso delle spese effettivamente sostenute.

Art. 12 ASSEMBLEA

Genitori e/o diretti congiunti di disabili, assistiti dalla Fondazione nell'accezione sopra indicata, e gli stessi disabili, se capaci, costituiranno l'Assemblea della Fondazione.
Il Consiglio di Amministrazione tiene, all'uopo, apposito registro contenente i nominativi dei disabili assistiti, nonché l'indicazione del soggetto che - in qualità di diretto congiunto - ha il diritto di partecipare all'assemblea. All'uopo fa fede la risultante del registro.
L'assemblea viene convocata dal Presidente della Fondazione, su motivate richieste del Comitato dei Fondatori o del Consiglio di Amministrazione, o di entrambi.

Art. 13 COMITATO DEI FONDATORI

E' composto dai membri del Comitato promotore, nato dalla Conferenza territoriale sull'handicap e la salute mentale tenutasi a Porto Lotti in data 15 febbraio 2002, che hanno condiviso l'istituzione della Fondazione e hanno aderito alla stessa fin dall'inizio dell'attività, e dai rappresentanti degli Enti che hanno sottoscritto l'atto notarile di costituzione della Fondazione stessa.
Il Comitato dei Fondatori potrà decidere di cooptare Enti e persone fisiche o giuridiche, che abbiano sostanzialmente contribuito alla vita della Fondazione con elargizione in beni, in denaro, o con particolari attività e iniziative.
Il Comitato provvede a:
a) nominare i dieci membri del Consiglio di amministrazione, di cui all'articolo 14 punto f) del presente Statuto;
b) assumere tutte le iniziative ritenute idonee a far conoscere all'esterno la Fondazione, ad acquisire nuovi Soci, e ad incrementare le risorse finanziarie della Fondazione stessa;
c) indirizzare proposte articolate al C.d.A. per favorire il raggiungimento degli Scopi statutari.
Alle nomine di cui al punto a) concorrono esclusivamente i disabili o i parenti di disabili membri del Comitato.
Il Comitato delibera a maggioranza assoluta dei voti: in caso di parità prevale il voto del Presidente.
Il Comitato nomina nel suo seno il Presidente e si riunisce di norma due volte l'anno, in primavera e in autunno, nonché quando ritenuto necessario dal Presidente o richiesto da almeno un terzo dei suoi membri.
La qualifica di membro si perde per formali dimissioni con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, o per assenza non motivata a tre riunioni consecutive del Comitato.


Art. 14 CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

I componenti del Consiglio di Amministrazione della Fondazione sono diciassette, così nominati:
  1. uno dalla Regione Liguria
  2. uno da ciascuna delle tre Zone sociali, ad opera della Conferenza di Zona
  3. uno dall'Asl n. 5
  4. uno dalla Provincia della Spezia
  5. uno da Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia
  6. dieci, diretti congiunti di un disabile a norma delle disposizioni del presente Statuto, o, se capaci, disabili assistiti, dal Comitato dei Fondatori
Tutti i membri del Consiglio di Amministrazione restano in carica tre anni.
Si perde la qualifica di consigliere di amministrazione in caso di morte, dimissioni (i cui effetti si producono alla consegna della lettera di dimissioni al Presidente, o nel caso di dimissioni del Presidente al Consiglio di Amministrazione nella prima seduta utile), interdizione, a qualsiasi titolo dai pubblici uffici.
Il membro del consiglio di amministrazione che senza giustificato motivo non partecipa a tre riunioni consecutive del consiglio di amministrazione può essere dichiarato decaduto dal C,d.A. stesso.
In ogni ipotesi di vacanza a qualsiasi titolo della carica di consigliere durante il mandato il Consiglio di amministrazione deve provvedere alla cooptazione di altro consigliere, nominato da chi aveva designato il consigliere non più in carica. Il consigliere subentrante resterà in carica sino allo scadere del mandato degli altri consiglieri.
Il Consiglio di Amministrazione ha tutti i poteri per l'amministrazione ordinaria e straordinaria della Fondazione.
In particolare provvede a:
  • Nominare il Presidente e il Vice presidente;
  • Definire le linee generali dell'attività della Fondazione e i relativi obiettivi e programmi;
  • Predisporre e approvare il bilancio di previsione e il conto consuntivo;
  • Deliberare in ordine all'accettazione di eredità, legati e donazioni nonché all'acquisto e all'alienazione di beni immobili;
  • Proporre eventuali modifiche statutarie;
  • Nominare, se ritenuto necessario, il Direttore, determinandone la retribuzione e la qualifica del rapporto;
  • Assumere e licenziare, se ritenuto necessario, il personale dipendente determinandone il trattamento giuridico ed economico in conformità alle norme di diritto privato nei limiti di cui al D.Lgs. 460/97;
  • Nominare, se ritenuto necessario, un Presidente onorario della Fondazione;
  • Svolgere tutti gli ulteriori compiti attribuitigli dal presente Statuto.

Il Consiglio può delegare parte dei propri poteri, relativamente a singoli atti, al Presidente o a un consigliere.



Art. 15 CONVOCAZIONE E QUORUM

Il Consiglio di Amministrazione è convocato dal Presidente di propria iniziativa o su richiesta di almeno metà dei suoi membri, con lettera raccomandata spedita con almeno sei giorni di preavviso, ovvero, in caso di urgenza, a mezzo telegramma o, se concordato con ciascun consigliere, a mezzo fax o E-mail con tre giorni di preavviso.
L'avviso di convocazione deve contenere l'ordine del giorno della seduta, il luogo e l'ora. Esso può contestualmente indicare anche il giorno e l'ora della seconda convocazione e può stabilire che questa sia fissata lo stesso giorno della prima convocazione a non meno di un'ora di distanza da questa.
Il consiglio si riunisce validamente in prima convocazione con la presenza della maggioranza dei membri in carica. In seconda convocazione, la riunione è valida qualunque sia il numero degli intervenuti. Esso delibera a maggioranza assoluta dei voti dei presenti; in caso di parità prevale il voto del Presidente.
Uno dei consiglieri, o il Direttore se nominato, ha anche la funzione di segretario della riunione.
Le delibere constano da apposito verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario e steso su apposito libro da tenersi con le modalità previste per l'omologo libro delle società per azioni.

Art. 16 IL PRESIDENTE

Il Presidente della Fondazione è anche presidente del Consiglio di Amministrazione. Egli ha la legale rappresentanza della Fondazione di fronte a terzi. Agisce e resiste avanti a qualsiasi autorità amministrativa o giurisdizionale, nominando avvocati.
Il Presidente esercita tutti i poteri di iniziativa necessari per il buon funzionamento amministrativo e gestionale della Fondazione.
In particolare, il Presidente cura le relazioni con Enti, Istituzioni, imprese pubbliche e private, e altri organismi, anche al fine di instaurare rapporti di collaborazione e sostegno delle singole iniziative della Fondazione.
Egli inoltre sottopone al Consiglio di Amministrazione le linee generali di programma e le specifiche iniziative che rientrano negli scopi della Fondazione.
In caso di assenza o impedimento del Presidente, le sue attribuzioni sono esercitate dal Vice Presidente il quale eserciterà, altresì, quelle determinate attribuzioni che gli saranno delegate dal Presidente o dal Consiglio di amministrazione.
Il Presidente è eletto nella prima seduta dopo la nomina del Consiglio di Amministrazione tra i componenti del C.d.A. nominati dal Comitato dei Fondatori. Anche il Vice Presidente deve essere scelto nella stessa seduta o nella seduta immediatamente successiva, tra i componenti del Consiglio di Amministrazione designati dal Comitato dei Fondatori.

Art. 17 IL DIRETTORE

Il direttore può essere nominato dal Consiglio di amministrazione che ne stabilisce la natura e la durata dell'incarico, se ne ritiene necessaria la presenza.
Il direttore è il responsabile operativo dell'attività della Fondazione.
In particolare:
cura l'esecuzione delle delibere del Consiglio di amministrazione, redige la bozza dei bilanci preventivo e consuntivo, i verbali delle riunioni del Consiglio di amministrazione e li sottoscrive con il Presidente. Dà inoltre esecuzione, nelle materie di sua competenza, agli atti del presidente;
provvede alla gestione amministrativa della Fondazione e alla organizzazione e promozione delle singole iniziative, predisponendo mezzi e strumenti necessari per la loro concreta attuazione.

Art. 18 COLLEGIO DEI REVISORI DEi CONTI

Il Collegio dei Revisori dei conti è composto da tre membri effettivi e due supplenti scelti a norma di legge tra persone iscritte nell'elenco dei revisori contabili e nominati dal Comitato dei Fondatori.
Il Collegio resta in carica tre anni e i suoi componenti possono essere confermati.
I componenti del Collegio possono assistere alle riunioni del Consiglio di Amministrazione.
Ai Revisori spetta, ove non rinuncino espressamente, l'emolumento annuale che non potrà essere superiore al compenso massimo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994 n. 645 e dal decreto 21 giugno 1995 n. 239 convertito nella legge del 3 agosto 1995 n. 336 e successive modifiche e integrazioni, per il Presidente del Collegio sindacale delle società per azioni.

Disposizioni finali e transitorie

Art. 19 CLAUSOLE ARBITRALE

Tutte le controversie relative al presente Statuto, comprese quelle inerenti la sua interpretazione, esecuzione e validità saranno deferite a un collegio arbitrale di tre arbitri, due dei quali nominati da ciascuna parte e il terzo, con funzione di Presidente, scelto congiuntamente dai due arbitri così designati o, in caso di disaccordo, dal Presidente del Tribunale della Spezia al quale spetterà altresì la nomina dell'eventuale arbitro non designato da una delle parti.
Gli arbitri procederanno in via irrituale e secondo equità.
La sede dell'arbitrato sarà La Spezia.

Art. 20 SCIOGLIMENTO

In caso di scioglimento della Fondazione, per qualsiasi causa, il patrimonio risultante dovrà essere devoluto, sentito l'organismo di controllo di cui all'art. 3 comma 190 della legge 23 dicembre 1996,n. 662, ad altra organizzazione non lucrativa di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

Art. 21 MODIFICHE

Il presente Statuto può essere modificato nel rispetto degli scopi di cui all'articolo 2 e su conforme parere del Comitato dei Fondatori, con deliberazione del Consiglio di Amministrazione, da sottoporre successivamente all'approvazione dell'Assemblea.

Art. 22 NOMINA DEL PRESIDENTE

Per i primi due mandati il Presidente può essere nominato al di fuori del Consiglio di Amministrazione che in tal caso sarà formato da 18 membri.



Art. 23. CLAUSOLA DI RINVIO

Per quanto non previsto dal presente Statuto si applicano le disposizioni del Codice civile e le norme di legge vigenti in materia.